Che vantaggi potrebbe trarre chi ha problemi di salute dalla pratica della mindfulness?

Che vantaggi potrebbe trarre chi ha problemi di salute dalla pratica della mindfulness?

Le malattie croniche rappresentano uno dei primi fattori di riduzione della qualità di vita percepita, oltre all’età, alle condizioni economiche e al livello di istruzione (2).

Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a un aumento esponenziale degli studi pubblicati che valutano l’effetto della pratica della mindfulness (consapevolezza del momento presente, intenzionale e non giudicante ottenuta con il portare attenzione) in un ampio ventaglio di condizioni patologiche croniche che spaziano dall’oncologia alla pneumologia, dalla gastroenterologia alla neurologia etc.; è sufficiente accedere a PubMed per averne un’idea. Si potrebbe pensare che ci si trovi di fronte a una panacea.

Tuttavia è assolutamente prematuro affermare oggi che la pratica della mindfulness possa essere una cura per le malattie croniche intese come processi biologici, anche se uno studio di Jon Kabat-Zinn effettuato su pazienti affetti da psoriasi già anni fa (2) sembrerebbe avanzare qualche suggestione a proposito. In quello studio, condotto all’ Università di Medicina del Massachusetts e pubblicato su Psychosomatic Medicine nel 1998, un gruppo di 37 pazienti affetti da psoriasi e sottoposti a fototerapia era stato randomizzato in due gruppi; uno di questi prevedeva, durante la seduta di fototerapia, l’ascolto di istruzioni di pratica mindfulness registrate mentre l’altro riceveva la sola fototerapia. I pazienti che avevano ricevuto le istruzioni mindfulness hanno registrato un miglioramento delle lesioni psoriasiche sensibilmente più rapido rispetto all’altro gruppo. In una patologia infiammatoria come la psoriasi in cui le cause sono ancora ampiamente sconosciute ma nelle quali probabilmente coesistono cause genetiche e autoimmunitarie, l’efficacia di una pratica riconosciuta come efficace nel ridurre lo stress sembra gettare un ponte tra mente e corpo.

Su questo tema stanno indagando i genetisti; per esempio due articoli pubblicati su Psychoneuroendocrinology (3, 4) rappresentano un tentativo di esplorare quel ponte, per cercare di comprendere come un’attività della coscienza come la meditazione di consapevolezza possa “modificare processi neurali, comportamentali e biochimici”, modificando l’attività di geni collegati all’attività infiammatoria o alla sopravvivenza delle cellule. Ma la prudenza nel trarre conclusioni è d’obbligo almeno quanto sembra affascinante lo scenario che si va delineando.

Invece, quello che la maggior parte degli studi pubblicati sembra dimostrare con una certa sicurezza è che l’effetto della mindfulness nella cura delle malattie croniche riguarda quel portato di alterazioni della sfera psicoemotiva legate alla presenza di una patologia. Il modello medico descrive le malattie più o meno accuratamente come insieme di processi biologici ma la malattia è molto di più e molto altro se considerata dal punto di vista della persona ammalata; è un elemento di forte discontinuità che si introduce nella vita intesa come flusso di sensazioni, relazioni, interessi, oltre che di funzioni fisiologiche; di conseguenza, non può essere considerata solo una questione medico-biologica ma è, soprattutto, un fatto biografico: vivere con una malattia cronica richiede un processo di adattamento in cui la sfida consiste nella capacità di integrarla nella vita quotidiana.
Gli studi clinici effettuati in differenti condizioni patologiche indicano che la pratica della consapevolezza può essere un aiuto nell’affrontare lo stress della malattia, introducendo la possibilità di prendersi cura in prima persona se non degli aspetti medico-biologici, di quelli emotivi e psicologici; costruendo una nuova e più adattiva relazione con la sofferenza, aprendosi ad una saggia accettazione dell’imprevedibilità della vita e trovando armonia, equilibrio e soddisfazione nella vita.

Sviluppare consapevolezza e presenza mentale significa prendersi il tempo per conoscere ciò che si manifesta nel corpo e nella mente momento dopo momento, per osservare la nostra reattività nei confronti di tutto ciò che si manifesta alla coscienza, creando progressivamente uno spazio di accettazione anche verso ciò che ci disturba ma che, pur disturbandoci, c’è. E arrivando, infine, a un profondo riconoscimento di come il piacere e la sofferenza siano elementi inseparabili della vita.

Mi sembra che questa apertura all’imprevedibile, questa accettazione saggia siano magistralmente raccontate da Tiziano Terzani nella breve intervista che potete trovare qui: https://www.youtube.com/watch?v=4PsenU-sJcc

 

  1. Osservatorio Epidemiologico Regione Sardegna. – http://www.epicentro.iss.it/passi/pdf2013/Sardegna%20Salute%20Percepita_rev.pdf
  2. Influence of a mindfulness meditation-based stress reduction etc. – http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9773769
  3. Rapid changes in histone deacetylasis and inflammatory gene expression in expert meditators. – http://www.investigatinghealthyminds.org/pdfs/KalimanRapidPNEC.pdf
  4. Intensive meditation training, immune cell telomerase activity and psycological mediators. – http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21035949